Proseguendo la raccolta dei miei interventi su Facebook, eccoci arrivati al 2020.
(4 aprile 2020)
Oggi, fra le altre cose, sto pensando anche all’uomo che sorride sulla sinistra della foto. Il suo corpo morì il 4 aprile di ormai molti anni fa. Io, come credo tutti noi che fummo suoi allievi ai tempi del liceo, ogni tanto ancora ricordo quel che mi insegnò. E non mi riferisco alle lezioni di filosofia o storia.

(29 luglio 2020)
“I miei a volte mi facevano andare a scuola da sola. A pochi passi da casa salivo spaventata su un autobus pieno di adulti che andavano al lavoro. Anche il solo esibire il biglietto all’autista mi richiedeva uno sforzo notevole, mi sentivo osservata e giudicata perché ero l’unica bambina non accompagnata e così goffa nei vestiti scelti da mia madre. In tasca tenevo sempre un biglietto con nome, cognome, indirizzo e numero di telefono, da mostrare a qualcuno in caso di bisogno. Invece di darmi sicurezza, quel pezzo di carta confermava quel che temevo, cioè che potevo perdermi.”
(Marina Della Bella, “Album degli anni primi”, inedito)
Mia moglie Marina non è contenta dei miei furti a danno di suoi lavori ancora in cerca di editore, [Nota: l’editore, sarà poi trovato e il libro uscì per Montag nel 2023. Il brano citato si trovalle pagine 96 e 97] perciò questo secondo estratto da “Album degli anni primi” probabilmente sarà anche l’ultimo. Tuttavia corro il rischio di qualche broncio coniugale per dire quanto abbia apprezzato il brano che ho citato sopra e di come, pur se racconta l’esperienza di una bambina dal punto di vista della bambina, io l’abbia subito collegato alle mille sorprese che costellano il cammino dei genitori, un cammino pieno di intenzioni che generano effetti inaspettati e, a volte, perfino opposti. Per questo motivo, fin dalla mia prima lettura, ho collegato il brano che ho citato a un altro splendido passaggio che trovai, e mi è rimasto impresso, in “Perché i bambini devono ubbidire?” dello scrittore svedese Stig Dagerman (1923 – 1954). Vi copio anche questo brano.
“Comunque: una sera, in una casa in via di ristrutturazione, capitò che due bambini si rifiutassero di prendere sonno. Saltarono giù dal letto, fecero cadere le scale degli operai, si imbrattarono i pigiami di vernice e chiamarono il centralino di quel piccolo comune per dire alla signorina che era ora di andare a dormire. I genitori in un primo tempo cercarono pazientemente di rimetterli a letto, ma loro scattavono su come molle. Si faceva sempre più tardi e alla fine i genitori non riuscirono più a sopportare la libertà dei figli. Allora il padre ebbe un’idea. Disse ai ragazzini che se non volevano sentire ragioni, li avrebbe portati fuori a fare una lunga passeggiata nella notte. Fuori pioveva e c’era un buio pesto: finalmente calò il silenzio nella stanza dei bambini. “Salvi”, sospirarono i genitori sollevati. Finché non scoprirono la ragione di quel silenzio: i bambini si erano precipitati a vestirsi per la passeggiata promessa. Non restava altro da fare che uscire nel buio e nella pioggia, i ragazzini erano spaventosamente svegli e l’ingenuo padre si rese conto che quella che per lui doveva essere una punizione agli occhi dei figli era invece una fantastica avventura. Soli nel bosco, per strada, nel cuore della notte, mentre le volpi sono a caccia e tutti gli altri bambini dormono!”
(Stig Dagerman, “Perché i bambini devono ubbidire?”, Milano, Iperborea, 2013, pp. 55-56)
(8 dicembre 2020)
Oggi 8 dicembre è il compleanno della “eterna fanciulla” Mirella Fiale, mia compagna degli anni di liceo, ancora amica dopo tanti anni, e di Manuel Ferreira, attore argentino, da anni trapiantato a Milano, mio amico da data più recente.
Per il compleanno, di solito si rivolgono degli auguri e magari si regala un segno tangibile di affetto. Per Manuel, inverto parzialmente l’ultima abitudine ed è forse più a me che regalo un ricordo che ci lega e si colloca all’inizio della nostra “conversazione”.
Ad aprile di quest’anno mi rivolsi a Manuel per chiedere anche a lui di leggere una poesia di mia moglie Marina. Il risultato ancora mi emoziona.
In questi mesi di lock down e zone variamente colorate ho ripensato alla lettura di Manuel anche in virtù di un mio piccolo esperimento. Un giorno provai ad ascoltarla ad occhi chiusi. L’effetto era diverso, molto. Manuel ha una presenza fisica esuberante, il corpo recita insieme alla voce. In questi tempi, immagino che dover fare a meno della possibilità di far ascoltare la voce del corpo, dover fare a meno del contatto vivo col pubblico, gli abbia creato una situazione pesante. E’ stata ed è una situazione difficile per tutti ma, certamente, per Manuel non meno che per altri.
Così torno all’ascolto di una bella poesia che, per me, rimarrà sempre associata al ricordo di qualcosa di bello.
Auguri Manuel.