Mettendo ordine in casa capita di imbattersi in vecchie riviste sopravvissute ai miei vari traslochi. Sfogliarle di nuovo dopo tanti anni ha rinnovato ricordi o, viceversa, ha riportato a galla cose che si erano dimenticate via via che cambiava il mondo attorno.
11 settembre 2023
Un puro caso. Proseguo nella revisione e scarto di vecchie riviste e proprio oggi mi imbatto in un articolo pubblicato nel numero di gennaio del 1971 dalla rivista “Storia illustrata”.
(16 ottobre 2022)
Il lungo spoglio di vecchie riviste mi ha condotto a un nuovo articolo di “Storia illustrata” (numero di aprile del 1973) dedicato alla figura di Albert Kesselring, il comandante delle forze armate naziste, in Africa e in Italia, negli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Impartì gli ordini che dettero il via alla repressione tedesca, segnata da massacri come quello delle Fosse Ardeatine o da stragi come quella di Marzabotto. Dopo la resa tedesca, Kesselring fu processato e, il 6 maggio del 1947, condannato a morte per crimini di guerra. L’Alto Comando Alleato commutò la pena di morte nel carcere a vita “per i suoi meriti militari”. La pena fu poi ulteriormente commutata in venti anni di carcere, dei quali sette scontati in prigionia e i successivi in libertà provvisoria dopo aver subito un intervento chirurgico. Il 23 ottobre 1952 il Comando Alleato gli concesse la grazia. Morì nel 1960. Cito da Wikipedia: “Poco dopo il suo rientro in Germania, Kesselring dichiarò di non avere nulla da rimproverarsi e che anzi gli italiani gli avrebbero dovuto dedicare un monumento per il suo operato sul suolo italiano nella salvaguardia delle città d’arte come Roma e Firenze.”
(2 febbraio 2022)
Proseguendo lo spoglio di vecchie riviste (la foto è tratta da un numero di “Storia illustrata” del 1974) mi imbatto in pagine pubblicitarie che, chissà, aiutano a capire in che modo siamo arrivati a questo punto. Fra tappare il buco del secchio e aprire di più il rubinetto, il nostro mondo ha quasi sempre scelto la seconda. Peraltro, ammirevole l’acrobazia concettuale che propone come risparmio l’aumento dei consumi.
(17 novembre 2021)
Proseguono i lavori di riordino in casa e, con essi, la scoperta di annunci pubblicitari degli anni ’70. Parliamo di 50 anni fa ma mi sono chiesto se davvero all’epoca non conoscevano gli effetti (negativi) dell’alcol sulla digestione o se, conoscendoli, potevano impunemente propagandare il falso. Non oso pensare ad autotrasportatori o agenti di commercio che dopo pranzo, convinti di far bene, ingollassero pure il superalcolico (40 gradi) convinti che sarebbero quindi stati più lucidi alla guida e poi all’appuntamento.
P.S. L’alcol “deprime” il processo di svuotamento dello stomaco, rallentando la digestione e causando sonnolenza e diminuzione del livello di attenzione. La sensazione di “sollievo” dipende dal calore che genera l’alcol e che, in effetti, è un fattore che aiuta la digestione stessa. Per aiutarsi davvero si può ricorrere a bevande calde alla salvia o al limone (tipo il “canarino” marchigiano).
(15 novembre 2021)
Da un ripostiglio riemergono numeri di una rivista (“Storia illustrata”) che leggevo negli anni ’70 del (a dirlo fa un po’ effetto) secolo scorso. Mi colpiscono varie cose, fra le quali le pubblicità delle automobili. Oggi la pubblicità è sempre o quasi “emozionale”, all’epoca si largheggiava in dati tecnici: dimensioni, parti meccaniche, consumi … Per vendere un’automobile si pensava che fosse efficace informare sul suo raggio di sterzata! Quanto ai consumi, con la stessa quantità di benzina l’auto che possiedo attualmente percorre all’incirca il doppio dei chilometri.