16 dicembre

Natale a Valle Azzura

di Matteo B. Bianchi

Natale a Valle Azzurra sembrava tratto da uno scenario di Dickens. Gli elementi strappalacrime c’erano tutti: le suore caritatevoli, i bambini poveri e malati, il mondo consumista e indifferente all’esterno. Avrebbe commosso un criminale.
Qualche giorno prima di Natale i bambini avevano fatto una recita. La solita cosa, una specie di rappresentazione vivente del presepe, con canti e brevi passi recitati. Alla festa erano stati invitati i genitori e tutto il personale dell’istituto, compreso qualche amico esterno.
In attesa che lo spettacolo cominciasse, osservavo con gli altri educatori la processione silenziosa ed intermittente dei familiari in arrivo. Martino mi sussurrò: – A volte basta guardare i genitori per capire la patologia dei bambini – e dovetti ammettere che aveva perfettamente ragione. Era sufficiente un’occhiata ai movimenti nervosi e distanti di alcuni genitori, per esempio quelli di Pamela e Jessica, per intuire l’origine dei problemi delle loro figlie. Si trattava di due bambine molto disturbate e, mentre guardavo i rispettivi familiari passarmi accanto, mi tornavano in mente i loro racconti (- Ieri mia mamma si è arrabbiata e mi ha tirato addosso il ferro da stiro – mi aveva confidato una volta Jessica. Il ferro non l’aveva colpita, fortunatamente; è così magra che l’avrebbe trapassata. – Mi ha fatto paura però, perché era caldo -. E lo raccontava cercando di sorriderne), così come ricordavo le raccomandazioni delle suore (- Non lasciare che il papà di Pamela si avvicini all’armadietto degli psicofarmaci, li ingoierebbe tutti -). La rabbia che ne provavo era mitigata dall’idea che almeno in questa circostanza si poteva fingere una parvenza di festa normale, per amore dei bambini.
Loro infatti erano in agitazione da giorni. Le insegnanti, a cui era dovuto tutto il lavoro di realizzazione dello spettacolo, li rincorrevano per suggerire loro le parti. I pochi che sapevano leggere avevano dei foglietti in mano, gli altri avevano una memoria labile e le maestre alle spalle.
Nel corso della recita gli applausi scrosciavano praticamente per ogni frase che i bambini riuscivano a portare a termine. Ad un certo punto, quando ancora i re magi erano nel pieno del tragitto verso la capanna, Gesù Bambino, che era impersonato da una bambina di nome Rita e che non aveva alcuna parte parlata da interpretare, si alzò e gridò – Ciao mamma! -, suscitando l’ilarità generale.
Al termine della commedia arrivò Marco vestito da Babbo Natale, a consegnare i doni. Tutti urlavano: – E’ Babbo Natale! – e Taramelli Alfredo, impassibile come sempre, osservò semplicemente: – Non è Babbo Natale, è Marco Tadini -.
Ancora oggi, quando ci ripenso, mi rendo conto che è stata la recita natalizia più patetica e sensata a cui abbia mai assistito.

(Segue)

(Contenuto pubblicato per la prima volta su antoniomessina.it il 16/12/1999)

15 dicembre17 dicembre