COSTRUIRE UNA MACCHINA A FORO STENOPEICO
Testo di Pasquale Aiello – Fotografie di Chiara Aiello
La più semplice macchina a foro stenopeico può essere costruita con comuni oggetti facilmente reperibili in casa o acquistabili con poca spesa. Esistono, ovviamente, apparecchi più sofisticati o esteticamente originali (provate solo pensare di fare delle foto con una scatola di metallo del tè Twinings o del caffè Illy, o con lo scatolone d’imballo della lavatrice appena acquistata…) che però necessitano prima di una certa pratica con la tecnica del foro stenopeico e dell’apprendimento delle nozioni e regole fondamentali della fotografia (in realtà molto semplici: distanza focale, apertura diaframma, calcolo dell’esposizione, angolo di campo, valutazione del “difetto di reciprocità” , ecc…).
1) IL CORPO MACCHINA
Per iniziare, la materia prima è una semplice scatola delle scarpe che avremo cura di pitturare di nero all’interno (scatola e coperchio): ciò eviterà il verificarsi della riflessione della luce che penetrerà all’interno della scatola attraverso il foro stenopeico (nel nostro caso il foro rappresenta l’obbiettivo).
2) IL FORO STENOPEICO
Tracciamo sul fondo della scatola due diagonali ed otterremo così il punto esatto ove verrà posizionato il foro stenopeico che realizzeremo con il domopack nelle prossime sequenze.
Dopo aver tracciato le diagonali, possiamo asportare dal centro della scatola un piccolo rettangolo di cartone che verrà poi sostituito dalla stagnola.
Passiamo ora a realizzare il nostro obbiettivo. Occorre della semplice stagnola (la pellicola che utilizziamo per surgelare gli alimenti) opportunamente ritagliata.
Ora arriva il momento più delicato: forare la stagnola con la maggiore precisione possibile. Infatti, se il foro dovesse presentare delle sbavature, la luce penetrerà all’interno della scatola disperdendosi e formando un’immagine sfuocata. Si opera forando il rettangolino di stagnola con un ago da cucito (il più sottile reperibile può dare un foro di circa 0,4 o 0,5 millimetri) avendo cura di poggiare la stagnola su di un giornale. Ciò consentirà alle sbavature di appiattirsi sui fogli di giornale e di restituirci un foro perfetto (avviso: non ci riuscirete al primo colpo… probabilmente al secondo).
Avendo cura di non “spiegazzare” il rettangolino di stagnola con il foro appena praticato, applicheremo questo, con precisione, al posto del ritaglio di cartone sul fondo esterno della scatola sigillandolo bene con del nastro adesivo. La macchina è quasi pronta!
3) MATERIALE SENSIBILE ED OTTURATORE
Nella foto seguente si vedono i due tipi di materiale utilizzabili per effettuare le riprese (in pratica il supporto che riceverà l’immagine).
Possiamo usare sia un normalissimo foglio di carta da stampa nel formato che si adatta meglio al coperchio della scatola: di solito va bene un 13×18 cm che può essere anche ritagliato nella misura opportuna. L’alternativa è costituita dall’utilizzo, ma lo consiglio ai più esperti, di una pellicola piana o lastra fotografica, purtroppo più costosa, da maneggiare (se pancromatica e cioè sensibile a tutti i colori) al buio assoluto, ma eccellente nel registrare l’immagine che si formerà nella scatola. Il materiale sensibile può essere applicato sul fondo della scatola con del biadesivo.
IMPORTANTISSIMO: per posizionare il materiale sensibile all’interno del coperchio della scatola bisogna operare in una stanza buia in totale assenza di luce bianca (attinica) e se il materiale lo permette, come nel caso dei fogli di carta da stampa o di pellicole ortocromatiche (cioè non sensibili alla luce rossa), con una comune lampadina rossa da camera oscura.
Sempre in camera oscura si avrà cura di richiudere la scatola facendo aderire perfettamente il coperchio. Per sigillare l’apparecchio fotografico (scatola e coperchio) sarà necessario utilizzare un elastico molto stretto.
Una volta caricata la macchina in camera oscura con le cautele descritte prima, bisogna costruire un ultimo dispositivo: l’otturatore. Nelle macchine fotografiche convenzionali è quel sistema che si aziona premendo il pulsante di “scatto” e serve a far entrare la luce necessaria ad impressionare la pellicola per un tempo che avremo prima impostato.
Nel nostro caso questo meccanismo, di solito molto sofisticato negli apparecchi reflex, si riduce ad un pezzetto di cartone quadrato o rettangolare posizionato davanti al foro eseguito nella stagnola e tenuto fermo a libretto (vuol dire fissato alla scatola su un solo lato dei quattro, lasciandolo quindi libero di alzarsi ed abbassarsi comandato dalla nostra mano) con del nastro adesivo. È ovvio che quando si esce dalla camera oscura il foro deve essere ben coperto dal cartoncino – otturatore. Quando inizieremo la ripresa, invece, lo alzeremo completamente per tutto il tempo dell’esposizione.
4) DOPO AVER FOTOGRAFATO
Effettuata l’esposizione della pellicola o del foglio di carta da stampa, portiamo subito la nostra macchina in camera oscura e, alla sola luce rossa se trattiamo materiale ortocromatico (ripeto: non sensibile alla luce rossa), apriamo la scatola. Da questo momento inizia la parte più affascinante di tutto il progetto: la stampa. I risultati, all’inizio, imporranno un “atteggiamento fortemente raziocinante” (cito il mio amico Damiano Bianca) al fine di non buttare tutto, macchina compresa, nella spazzatura! Non è sempre facile azzeccare i tempi di esposizione spesso empirici ma, superati i primi momenti, ci vorranno pochi tentativi per padroneggiare la tecnica sulla quale, purtroppo, non posso aggiungere molto in questa sede, pena far diventare delle note esplicative qualcosa d’altro.
5) ALCUNI CONSIGLI
Prima di esporre per la prima volta, provate la “tenuta di luce” della macchina al fine di controllare che non vi sia altra luce che si introduca all’interno (per esempio dal coperchio non ben sigillato) che non sia quella che deve passare attraverso il foro stenopeico. Si opera introducendo un pezzetto di carta sensibile nella macchina (ovviamente in camera oscura) e lasciando poi la stessa alla luce del sole per 5 minuti ma con l’otturatore ben chiuso ! Successivamente, in camera oscura, si svilupperà a fondo il pezzetto suddetto che dovrà risultare perfettamente bianco: un colore grigio o, peggio, annerito testimonierà della non perfetta tenuta di luce della macchina che andrà sigillata meglio.
Il tempo d’esposizione è il punto critico di tutto il sistema. Essendo il nostro obbiettivo (il foro stenopeico) piccolissimo, passa attraverso di esso pochissima luce e di conseguenza i tempi d’esposizione si dilatano notevolmente. Se si osserva un normale obbiettivo reflex si può notare che esso, nel punto in cui è più chiuso e stretto, misura f/16 oppure f/22: il nostro forellino da mezzo millimetro può essere paragonato a f/256 e frazioni di millimetro in più o in meno durante la sua realizzazione, lo possono aprire o chiudere a f/180 o f/412!! Si capisce intuitivamente che, mentre con una reflex di solito fotografiamo con tempi in frazioni di secondo (da meno di 1/30 ad oltre 1/1000) con il foro stenopeico i tempi si possono calcolare anche in minuti consigliando, quindi, la ripresa di soggetti il più possibile statici.
Una ulteriore conseguenza della lunghezza dell’esposizione è che la macchina deve essere poggiata saldamente su un piano o su di un cavalletto al fine di evitare fastidiosi “mossi” nel risultato finale.
Empiricamente il tempo d’esposizione varia a seconda del tempo meteorologico e della conseguente luce disponibile nel senso che, ovviamente, una bella giornata di sole comporterà una esposizione di gran lunga inferiore a quella di una giornata nuvolosa e viceversa. Si può partire, esponendo un foglio di carta sensibile, provando (con il sole) un tempo di 2 minuti: a seconda del risultato si proverà dimezzando o raddoppiando il tempo stesso. Sarà bene annotare l’esperienza e le sue variazioni su un quaderno di appunti utile a rendere in futuro ripetibili e veloci le operazioni di esposizione a parità di condizioni metereologiche e di materiale fotografico utilizzato per la ripresa.
La messa a fuoco della macchina, ovviamente, va dal piano del foro fino all’infinito e, quindi, è opportuno che sia posizionata, oltre che per i motivi citati prima relativi all’esposizione, su un sostegno stabile e privo di superficie proprio davanti al foro e che lasci libero l’angolo di campo: è consigliabile, per esempio, un cavalletto o il bordo di una finestra o lo spigolo di un tavolo. Mai il centro di un tavolo poiché, altrimenti, buona parte della foto sarebbe occupata dal tavolo stesso!
MODELLO AUTOCOSTRUITO IN LEGNO
PER APPROFONDIRE
Utilissimo, per chi volesse sperimentare la fotografia e tentare di capirne i meccanismi, il semplice e chiarissimo libro di Carla NOVI – FOTOGRAFIA DIDATTICA – Franco Angeli ed. da ordinarsi presso l’editore.
Poiché le riviste fotografiche attuali ormai non trattano più questo come altri argomenti (il digitale le occupa quasi interamente e, raramente, si trovano articoli sul B/N) suggerisco a chi già ha un po’ di esperienza di cercare informazioni su internet. Qui il materiale sul foro stenopeico è moltissimo e di ottima qualità. Per iniziare digitate pinhole o foro stenopeico su un qualsiasi motore di ricerca: i risultati non vi deluderanno ed i link sono tantissimi.
Infine, per chi volesse perfezionare l’esposizione (parlo ai più esperti) c’è l’ottimo sito www.pinhole.cz dove, cliccando su pinholedesigner, si può fare il download di un programma che calcola il tempo esatto di esposizione una volta inseriti alcuni parametri… Veramente utile!
(Contenuto pubblicato per la prima volta su antoniomessina.it il 07/11/2012 – Fonte immagini: Chiara Aiello – Link verificati il 16/02/2023)