
[Questo articolo, con differenze minime, apparve per la prima volta il giorno 06/02/2013 nel sito antoniomessina.it]
La prima pubblicazione di una mia pagina web risale a più di dieci anni fa. [N.d.A. Dunque, più o meno al 2002] L’aspetto del sito era abbastanza sobrio, tuttavia adoperavo in abbondanza i colori, diversificando anche cromaticamente le diverse sezioni del sito stesso. Fin da allora lo realizzai personalmente, senza conoscere il linguaggio html, usando un software oggi non più in commercio di cui, in un’ora di conversazione, un amico mi spiegò i primi (e, per me, anche ultimi) rudimenti. Dopo annose vicissitudini, fra gli strumenti open source disponibili ho voluto provare non con Word Press, il più diffuso e forse il più semplice da utilizzare, non con Typo3, col quale aggiorno personalmente, per la parte che mi compete, il sito web dell’ente per cui lavoro, ma Drupal, di cui molti dicono un gran bene ma, onestamente, non mi sembra affatto intuitivo. Un breve corso che ho frequentato ha lasciato tracce sbiadite nella mia memoria. Nei momenti di difficoltà, ricorro a Antonio Bonacchi, l’ormai “storico” fornitore dello spazio web che ospita il mio sito.
Quando ho dei problemi tecnici, Antonio ha di buono che sa di dover scendere al mio livello. Non sono un informatico, non conosco i linguaggi di programmazione e ho scoperto da poco, dopo che ne sono un utilizzatore da almeno quattro anni, che i CMS si appoggiano a un database e, soprattutto, quali sono le conseguenze operative di questa caratteristica.
Sono convinto che le conoscenze informatiche siano un linguaggio che oggi si dovrebbe apprendere, come l’inglese. La diffusione della conoscenza, tuttavia, esige che chi insegna comprenda i passaggi che la mente dell’allievo deve affrontare e risolvere. Troppo spesso, invece, negli informatici noto una tendenza a compiacersi del loro sapere, e una scarsissima predisposizione a far sì che un bagaglio tecnico importante diventi un patrimonio culturale diffuso. Così, quando incontro persone come Antonio Bonacchi, disposte a spiegare il funzionamento di un’applicazione come una volta si insegnava a scrivere, cioè cominciando dalle aste e dai cerchi, quasi mi commuovo.