Intervista a Mauro Casanova

Quando sei stato in barca a vela per la prima volta?

Nell’estate del 1999.

A chi ti sei rivolto per imparare?

All’Assonautica di Livorno. Il mio istruttore è Giorgio Majoli.

Quante volte sei andato a vela fino ad ora?

Sei o sette, più o meno.

Che tipo di barca usi?

Un 2.4.

Tradotto in italiano?

Il 2.4 è un’imbarcazione lunga appunto 2 metri e 40 centimetri. È un “singolo” (cioé è destinata a una sola persona d’equipaggio) e dispone di un albero, due vele (il fiocco e la randa), timone, scotte, strozzascotte e tutto il resto. La caratteristica costruttiva più tipica, però, è la deriva, che è fissa e zavorrata. Per l’esattezza, sotto la barca sono “appesi” sotto forma di deriva 280 chili di piombo. In questo modo il rovesciamento…

La famosa “scuffia” …

Esatto. Con la deriva zavorrata, la scuffia, nelle giuste condizioni di mare, è praticamente impossibile.

Il che contribuisce a rendere il 2.4 un’imbarcazione adatta anche a chi ha problemi motori. Nel tuo caso, che è quello di una persona affetta da distrofia muscolare, quali difficoltà hai incontrato nel governare l’imbarcazione?

A volte il timone è un po’ troppo duro, cosa che accade se non è ben lubrificato. Poi devo ancora trovare la giusta posizione all’interno della barca. Nel 2.4 si sta un po’ sdraiati (tipo Formula 1, diciamo) e io devo riuscire a sporgere con la testa quel tanto che basta per avere una buona visuale ma, al tempo stesso, non picchiare col boma.

Chiariamo per i non velisti. Il boma è il braccio orizzontale al quale viene fissata la base della randa. È vincolato all’albero ma può ruotare attorno ad esso di circa 180 gradi. Nella rotazione, può accadere che passi sopra la testa del velista. Questo, naturalmente, quando il velista medesimo è abbastanza furbo da abbassarsi in tempo.

Esatto. Nel mio caso, stando nella posizione sdraiata di cui ti dicevo, la base del collo appoggia sul bordo posteriore dell’abitacolo e, dopo poco, in quel punto avverto un dolore fastidioso. Per evitarlo ho provato a stare meno sdraiato e quindi a sporgere di più. In questo modo non è più il collo ad appoggiare sul bordo della barca, bensì la schiena, all’altezza delle scapole. Così evito il dolore al collo ma devo oscillare ogni volta che il boma ruota, per evitare un dolore… alla testa.

Forse, se avessi un 2.4 tutto tuo, potresti adottare qualche accorgimento per “personalizzarlo” un po’ ed ovviare ad almeno qualcuno dei problemi che incontri.

Di sicuro cercherei una posizione più ergonomica delle scotte, in particolar modo di quelle del tangone che sono quelle che mi hanno sempre creato più problemi. Per il resto va piuttosto bene, a parte la posizione del corpo di cui dicevo prima.

Questa è un intervista e non un corso di vela, così lasciamo i lettori nel mistero di cosa siano scotte e tangone e invece ti domando: la prima volta ti ha forse spinto la curiosità ma, dopo, perché sei tornato in barca?

È vero, le prime volte c’erano la curiosità e lo spirito d’avventura. Poi, vedendo che qualche manovra riuscivo anche a farla bene mi sono incoraggiato, ho sentito diminuire un po’ la tensione della “prima volta” e ho cominciato a divertirmi. Adesso la barca non va proprio dove e come voglio io, c’è una specie di sfida fra me, lei e il mare.

Una sfida? Non è una parola un po’ grossa?

So che detta in questo modo sembra che io sia un vecchio lupo di mare che sfida venti e mari forza 7, ma è proprio così… con le dovute proporzioni.

Che sensazioni ti ha dato la navigazione in “solitario”?

Non so se si può parlare di navigazione in solitario dato che l’istruttore mi ha sempre seguito da vicino con il gommone. Se per solitario s’intende che da solo governo la barca, allora potrei dire d’aver provato un senso di responsabilità. Tutto dipendeva da me: se la barca andava o non andava, se l’assetto era quello giusto, se le vele erano “cazzate” bene o meno, ecc. Poi ho provato anche sensazioni di piacere, quando la barca andava dove volevo io o quando l’istruttore mi diceva che andava bene così.

E salire su una barca a vela da passeggero? Pensi che ti darebbe emozioni più forti, più belle o soltanto diverse?

Penso che mi darebbe emozioni anche più forti e più belle di quelle della navigazione in solitario. Immagino un diverso comportamento della barca (rollio, assetto, ecc.), una maggiore velocità e l’organizzazione dell’equipaggio con ogni persona che svolge il proprio compito. Probabilmente nel ruolo di passeggero sarei più attento ed avrei modo di osservare anche altre cose, sia della barca sia del mare, piuttosto che essere concentrato sulle manovre da fare. Me la godrei di più, insomma.

Perché il vero obiettivo è sempre quello di spassarsela.

Facendo un paragone con le auto, dovrebbe essere un po’ come un neopatentato che, se trasportato da qualcuno, ha modo di osservare il paesaggio e tutto il resto, mentre se è alla guida è un po’ teso e concentrato sulla strada.

Sette “uscite” sono già un piccolo bagaglio di ricordi. A quale di essi sei più legato?

Alla prima uscita in assoluto. La sensazione di essere spinti sull’acqua col solo rumore del vento, la barca che s’inclina di brutto a ogni virata (con la paura di scuffiare anche se l’istruttore mi ha spiegato che col 2.4 è praticamente impossibile), le vele che si tendono sotto la spinta del vento e qualche onda impertinente che ce la mette tutta per farti la doccia… non si dimenticano.

Molto romantico. La mia piccola esperienza di velista, però, è stata anche ricca di spunti assai più comici (o tragicomici, per essere più esatti).

Io ricordo simpaticamente quando iniziammo un’altra uscita (la seconda o la terza, non ricordo) con vento leggero. Il 2.4 procedeva lentamente con le vele a farfalla quando il poco vento che c’era decise di cessare del tutto e la barca si fermò in mezzo al mare. Giorgio, il mio istruttore, si avvicinò col gommone per trainarmi verso la darsena ma anche il motore del gommone, solidale col vento, decise di fermarsi. Restammo così per un’oretta finché qualcuno dalla sede dell’Assonautica ci vide in panne e venne a rimorchiarci.

Meno male! Ora l’ultima domanda. Il 2.4 è un singolo, e navigare da soli è una tappa dell’apprendimento della navigazione. Ti incuriosisce l’esperienza della navigazione in equipaggio?

Credo di averti già risposto, comunque ti ripeto: sì, parecchio. Mi piacerebbe anche partecipare a una regata.

Allora, come si dice, buon vento!

maurovela6

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[Contenuto pubblicato per la prima volta su antoniomessina.it il 05/07/2001]

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