
[Articolo pubblicato per la prima volta il giorno 07/08/2013 nel sito antoniomessina.it]
Il 1° agosto scorso la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale. La data, a leggere le cronache, sarebbe di quelle da considerare storiche al pari del 2 giugno o del 25 aprile. Sarà. Sta di fatto che, fra mille considerazioni possibili, a me è venuta in mente sempre la solita: l’attenzione dei media è come il faro che a teatro viene detto “occhio di bue”; la luce si concentra su un punto e tutto il resto rimane in ombra. Eppure il resto c’è, concreto, vero e rilevante come l’unico oggetto illuminato.
È per questo che a volte sogno di avere la penna di Jonathan Swift, la sua impressionante capacità di mettere a nudo anche le pieghe del vivere sociale e dei personaggi che brulicano al suo interno. Già, perché sono dispostissimo ad ammettere che Berlusconi non è un cittadino come gli altri per risorse economiche, ruolo pubblico, relazioni personali, e che la sua condanna ha conseguenze che vanno al di là della pena che gli è stata inflitta e tuttavia, io credo, l’attenzione spasmodica su uno non deve farci dimenticare tutti gli altri. Mentre gli occhi sono posati su Silvio Berlusconi, infatti, centinaia di figure di secondo piano proseguono (va da sé: a spese nostre) il loro paziente e indefesso lavorio nelle pieghe del nostro apparato pubblico. Nei giorni scorsi, così, sono stato colpito dalla figura di Bartolomeo Giachino.
Dopo aver ricoperto diversi incarichi privati, che qui non interessano, Bartolomeo Giachino esordì in quelli pubblici il 31 marzo del 2005 diventando (su designazione di un’associazione di categoria dell’autotrasporto) uno dei 64 consiglieri nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL). In quello stesso giorno negli Stati Uniti d’America, fra mille polemiche di risonanza mondiale, Terri Schiavo muore dopo 15 anni trascorsi in stato di coma vegetativo, a seguito dell’interruzione, autorizzata dal Tribunale, dell’alimentazione forzata. Quattro settimane prima, in Iraq, il funzionario del SISMI Nicola Calipari era stato ucciso dal “fuoco amico” durante le operazioni di liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, vittima di sequestro.
Nel 2008 Giachino diventa Sottosegretario di Stato del Ministero dei Trasporti (quarto governo Berlusconi). È l’anno in cui il petrolio supera il prezzo di 100 dollari al barile, il Ministro Clemente Mastella si dimette dopo che sua moglie è stata arrestata, oltre cento Stati approvano il trattato contro le bombe “a grappolo”, la banca americana Lehman Brothers fallisce, la crisi delle borse brucia 450 miliardi di euro, il senatore afroamericano Barack Obama è eletto presidente degli Stati Uniti.
Nel 2009 Giachino viene nominato Presidente della Consulta Generale per l’autotrasporto e per la logistica (CGAL). La Consulta (un centinaio di persone a comporla) svolgeva più o meno le stesse funzioni del CNEL (cioè, di fatto, niente o quasi) però limitandosi al settore dell’autotrasporto e logistica. Nel resto del mondo, la Norvegia e la Svezia legalizzano i matrimoni omosessuali, un aereo francese precipita nell’oceano Atlantico con 228 persone a bordo, in Germania crolla il palazzo dell’archivio storico di Colonia, in Afghanistan muoiono 16 italiani in un attentato. In Italia, nei dintorni di Messina, 35 persone muoiono a seguito di una frana che travolge due paesi, a l’Aquila c’è il terremoto e il Governo decide di svolgere lì il G8.
Nel 2012 il governo Monti trasferisce le funzioni della CGAL al Ministero dei Trasporti e Giachino rimane senza un ufficio presso cui essere consultato. Per sua fortuna, a febbraio 2013 ci sono le elezioni ed i casi politici italiani fanno sì che lo schieramento al quale aderisce Giachino sia di nuovo al Governo. Siccome la Consulta non c’è più, e far presiedere a Giachino il nulla darebbe nell’occhio, a metà del maggio scorso il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi nomina Giachino suo consigliere personale. Incarico vago, ma pur sempre un incarico. Anche in questa veste, da un paio di mesi Giachino si sta adoperando per far assegnare alla città di Torino la sede della nuova Autorità dei Trasporti.
Ecco, tutto qui. Niente di particolarmente scandaloso, né illegale. A colpirmi è semplicemente il costante lavorio di Giachino per intercettare una poltrona di seconda fila. Nel mondo e in Italia succede di tutto, ma lui non dimentica quel posto nel Consiglio, la presidenza della Consulta, la casella da Sottosegretario o, almeno, l’incarico personale del Ministro. Il debito pubblico italiano stabilisce nuovi record praticamente di mese in mese ma Giachino scrive a tutti: ministro, giornali e colleghi di partito per dare alla sua città un ente pubblico in più.
“Un giorno l’imperatore volle intrattenermi con parecchi dei loro giochi nazionali, nei quali eccellono su tutti i paesi che ho conosciuto, sia nella abilità che nel fasto. Nessuno mi divertì quanto quello dei funamboli che ballavano su di un sottile filo bianco, lungo un mezzo metro e alto da terra un trenta centimetri. Su questo gioco chiedo al paziente lettore di potermi dilungare un po’.
A praticare questo esercizio sono solo quelle persone candidate a ricoprire cariche elevate o alte onorificenze della corte. Fin da giovani vengono addestrate a questa arte e non tutte sono di sangue nobile o di cultura liberale. Quando una carica di primo piano è vacante, perché il titolare è morto o è caduto in disgrazia, cinque o sei candidati alla successione presentano all’imperatore la richiesta di potere intrattenere Sua Maestà e la corte esibendosi sulla corda.
Colui che fa più salti senza cadere, ha diritto a subentrare in quella carica. Molto spesso gli stessi ministri sono obbligati a dare prova della loro bravura, per convincere l’imperatore che sono sempre in possesso della loro abilità.” (SWIFT, Jonathan, I viaggi di Gulliver).