
[Articolo pubblicato per la prima volta il giorno 23/10/2014 nel sito antoniomessina.it]
Dal 24 al 27 ottobre 2014, a Pesaro, si svolgerà l’Incontro nazionale di Genuino Clandestino, una delle esperienze di nuova economia più vivaci e significative di questi anni. L’evento, al quale parteciperò nella seconda giornata di lavori, cade in un periodo che, per me, è segnato dalle vicende sempre più preoccupanti dell’ente pubblico per il quale lavoro. Ed è stato un punto molto interessante del Manifesto di Genuino Clandestino che mi ha condotto a qualche riflessione collegata al senso di quella che tutti chiamano burocrazia.
Genuino Clandestino, leggo nel Manifesto, si propone di “Praticare, all’interno dei circuiti di economia locale, la trasparenza nella realizzazione e nella distribuzione del cibo attraverso l’autocontrollo partecipato, che svincoli i contadini dall’agribusiness e dai sistemi ufficiali di certificazione, e che renda localmente visibili le loro responsabilità ambientali e di costruzione del prezzo”. Condivido praticamente ogni parola e, soprattutto, la visione della vita che è alla base di quelle parole, una visione fatta di trasparenza, onestà, partecipazione, così come della responsabilità che ciascuno deve assumersi di fronte alle scelte quotidiane. Tuttavia, come mi accade spesso, una vocina mi soffia nell’orecchio per invitarmi a considerare le cose conservando il senso della misura e valutando gli intrecci con ciò che è attorno al cuore della questione.
Un approccio sensato all’autocontrollo partecipato sulle produzioni agricole, a mio avviso, deve contenere la consapevolezza dei limiti inevitabili di questo strumento. Io partecipo con grande soddisfazione ad un Gruppo di Acquisto Solidale. Parte della qualità dell’esperienza è data dal rapporto diretto che si stabilisce coi produttori. Tuttavia, sono evidenti due cose: io non sono in grado di valutare tecnicamente il tipo di lavorazioni utilizzate, né potrei diventare un esperto di tecniche produttive applicate a tutto ciò che acquisto tramite il GAS (pasta, riso, verdure e ortaggi, zafferano, formaggi, miele, pane, marmellate ecc). Del resto, nessuno mi chiede una cosa del genere perché l’importante, appunto, è il rapporto di fiducia che si stabilisce fra i produttori e il gruppo.
Il rapporto di fiducia personale, tuttavia, può nascere in realtà che abbiano dimensioni alla nostra portata. In altre parole, c’è differenza fra un acquisto tramite il GAS (che stabilisce un rapporto personale col produttore) e un acquisto in qualsiasi mercato all’aperto, dove magari posso trovare prodotti anche migliori ma venduti da persone che non conosco. La mia “partecipazione”, dunque, può esprimersi compiutamente in un ambito circoscritto di competenze, spazio, tempo e relazioni.
Il concreto svolgersi degli scambi, però, esige che la compravendita (o baratto o quel che sia) possa avvenire anche in contesti allargati, quali possono essere una rete distributiva per chi non riesce a far parte di un GAS, oppure un mercato in una località dove sono di passaggio. Riferendomi alla mia esperienza personale, per esempio, penso alle scarpe che indosso abitualmente, acquistate tramite il GAS, realizzate da un’azienda toscana di cui conosco il nome ma con la quale non ho avuto, almeno finora, contatti più diretti.
È dunque quando si sperimentano questi contesti allargati che sono utili, e hanno senso, sia una struttura terza di controllo e certificazione, sia delle regole di riferimento che, rimanendo nel campo alimentare, per esempio definiscano che cosa è “biologico” e che cosa non lo è. Nell’ipotesi ottimale, strutture e regole costituiscono un moltiplicatore di fiducia: dove non posso arrivare col mio tempo e le mie relazioni, arriva la certificazione. Non occorre dire che il giochino funziona se le regole sono ben scritte, se le intenzioni sono libere da condizionamenti e se lo scopo è esclusivamente quello di raggiungere il miglior risultato. L’importante, a mio avviso, è capire che quel che va bene su scala limitata non è valido sempre e comunque anche per ambiti di dimensioni maggiori.