Sullo sfondo del quadro c’è un vegetariano che dice sempre no

La scheda di votazione per il referendum “Monarchia-Repubblica” del 2 e 3 giugno 1946

[Articolo pubblicato per la prima volta il giorno 24/11/2016 nel sito antoniomessina.it]
Scrivo a poco più di una settimana dalla data del referendum sulle modifiche della Costituzione italiana, il che significa che negli organi d’informazione le argomentazioni sono ormai quasi estinte e hanno ceduto il campo ai due monosillabi SI e NO. Io, come al solito, sono attratto dalle cose che rimangono sullo sfondo e che secondo me, sebbene poco osservate da chi si concentra sul fuoco dell’immagine, sono ciò che la sostiene e il contorno che la inquadra.
Nel caso del dibattito (al solito, più gridato che ragionato) sul referendum, per esempio, mi colpiscono due “argomenti” che, a mio parere, non dimostrano nulla se non una certa immaturità nell’esercizio della democrazia. E vediamo di che si tratta.
“Voti SI? Ma non ti vergogni a essere in compagnia di Verdini?” “Voti NO? Ma non ti vergogni di essere in compagnia di Salvini?” Sostituite pure i due nomi con altri a vostro gusto, la questione è la stessa, cioè che si tratta di un argomento stupido. Un referendum offre soltanto due opzioni di risposta a un quesito specifico. È indubbio che il quesito si inscrive in un contesto ma ciò non evita che la risposta sfrondi se stessa da tutto ciò che è esterno alla questione in gioco. La democrazia rappresentativa è (anche) la ricerca di un equilibrio fra due esigenze di pari valore, cioè la rappresentatività e la funzionalità del sistema. Negli anni scorsi ci hanno frantumato i neuroni per convincerci della bontà e necessità del cosiddetto bipolarismo, mentre premi di maggioranza assai premianti provavano a contribuire alla riduzione della fauna partitica. Quale che sia il giudizio sulla bontà e sui risultati ottenuti dalle soluzioni adottate, rimane il fatto che un referendum è il massimo della semplificazione, che ciascuno avrà le sue ragioni per votare sì o no e che ha davvero poco senso, parlando di due agglomerati che conterranno vari milioni di individui, pretendere che il proprio schieramento sia migliore dell’altro perché l’altro comprende anche tizio o caio.
Un altro argomento che trovo poco sensato è la critica alle opposizioni (che, anche nel caso della riforma costituzionale, si oppongono) perché “sanno dire solamente no”.
Immaginiamo due persone, A e B, che si incontrano. A invita B al ristorante, uno vicino che A conosce bene e dove si mangia divinamente. Entrano, si siedono, A prende il menu e propone un antipasto di affettati misti, B declina perché, informa, è vegetariano. A passa al primo, suggerendo i tortellini specialità della casa ma B declina perché, come ha appena detto, è vegetariano. Forse una bistecca alla fiorentina? B ringrazia per il pensiero ma rifiuta. E via così. Del resto, al ristorante preferito da A, “La mandria al sangue”, il menu è fortemente caratterizzato.
Orbene, in una democrazia sana, supponendo che due o più schieramenti si siano proposti con posizioni differenti, che l’opposizione si opponga dovrebbe essere considerato normale e non un punto a sfavore. Quello che sarebbe da criticare sarebbe un atteggiamento di opposizione “a prescindere”, sistematica, senza neppure entrare nel merito. Ed è qui che, mi sembra di vedere, casca l’asino. Perché “entrare nel merito” richiede impegno, attenzione, preparazione, tempo. Una riforma della Costituzione complessa, come quella che si sta proponendo, meriterebbe un maggiore rispetto. Anche da coloro che la sostengono.

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