[Articolo pubblicato per la prima volta il giorno 11/06/2019 nel sito antoniomessina.it]
Per “debito pubblico” si intende il valore (nominale) di tutte le passività (lorde consolidate) delle amministrazioni pubbliche. Livello e composizione del debito sono misurati dalla Banca d’Italia che rende disponibili le relative informazioni nel proprio sito Internet (v. https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/finanza-pubblica/index.html).
Occuparsi del debito è importante perché, come ognun sa, quanto più si è indebitati, tanto meno si è liberi. Vale per le singole persone e vale anche per gli Stati sovrani. Di conseguenza, tutti, e specialmente chi si proclama attento al bene del Paese, dovrebbero avere a cuore il contenimento del debito pubblico entro livelli compatibili con la possibilità di adottare, senza vincoli o condizionamento alcuno, le proprie scelte di politica economica.
Siccome l’assenza del debito pubblico dal dibattito politico è seconda soltanto all’assenza delle tematiche ambientali, mi sono proposto di verificare da solo come sono andate le cose negli ultimi vent’anni. Potevo andare più indietro ma ho preferito non esagerare: l’articolo che state per leggere è già piuttosto lungo risalendo soltanto fino al 1999. In compenso, se volete inframezzare la lettura con qualche passatempo, potete giocare a riconoscere quale organizzazione politica si celi dietro le varie sigle che troverete nel testo.
Cominciamo col primo Governo D’Alema (21/10/1998 – 22/12/1999; maggioranza composta da: L’Ulivo – DS – PPI – RI – SD I-FdV – PdCI – UDR – Rete). A ottobre 1998, quando si insedia il Governo, il debito pubblico è di1.266.444,3 miliardi di euro. A dicembre 1999, quando il Governo cade, il debito è di 1.285.054,1miliardi.
A Massimo D’Alema succede Massimo D’Alema (22/12/1999 – 25/04/ 2000; maggioranza composta da: L’Ulivo – DS – PPI – Dem – UDEUR – SDI – FdV – RI – PdCI – UV) che perciò ha altro tempo per lavorare per il bene del Paese. Quando anche il D’Alema II conclude il suo percorso, però, il debito è arrivato (aprile 2000) a 1.309.783,6. Dopo i due governi D’Alema, quello seguente è presieduto da Giuliano Amato (25/04/2000 – 11/06/2001; maggioranza composta da: L’Ulivo – DS – PPI – Dem – FdV – PdCI – UDEUR – RI – SDI). Questo Governo rimane in carica poco più di un anno lasciando dietro di sé un debito pubblico di 1.359.083,2 (giugno 2001). Se l’aveste dimenticato, ricordo che stiamo parlando sempre di miliardi di euro.
A giugno 2001 Silvio Berlusconi forma il secondo dei quattro governi da lui presieduti (11/06/2001 – 23/04/2005; maggioranza composta da: Casa delle Libertà – FI – AN – LN – UDC – NPSI -PRI). Questo governo rimarrà in carica quasi quattro anni e otterrà una serie di risultati, fra cui un debito pubblico a 1.526.877,4 (aprile 2005). Per circa un altro anno, Berlusconi succede a se stesso e forma il Berlusconi III (23/04/2005 – 17/05/2006; maggioranza composta da Casa delle Libertà – FI – AN – LN – UDC – NPSI – PRI). In un anno si possono fare meno cose che in quattro ma questo Governo riesce comunque a farne qualcuna, fra cui portare il debito pubblico a 1.584.787,4 (maggio 2006).
Nel 2006 il pendolo elettorale si sposta dal centrodestra al centrosinistra. A Berlusconi succede Romano Prodi che va a formare il secondo governo da lui presieduto. Il Prodi II dura un paio d’anni (17/05/2006 – 06/05/2008; maggioranza composta da: L’Unione – DS – DL/PD – PRC – RnP (SDI-RI) – PdCI – IdV – FdV – UDEUR – SI – DCU – LpA – AL – SD – LD – MRE) e, almeno per quanto riguarda il debito pubblico, non può, non sa o non vuole invertire la rotta. Quando cade, infatti, il debito stesso è arrivato a 1.655.283,6 (maggio 2008).
Al posto di Prodi torna Silvio Berlusconi, al governo per la quarta volta (08/05/2008 – 16/11/2011; maggioranza composta da: PdL – LN – MpA – CN – PT – FdS – DC). Dopo tre anni e mezzo il Berlusconi IV chiude i suoi conti con un debito pubblico di 1.913.284,8 (novembre 2011).
Sta per finire il 2011, l’Italia decide di affidarsi a un Governo senza esponenti di partiti politici e impreziosito da numerosi docenti universitari. Lo presiede Mario Monti (16/11/2011 – 27/04/2013; governo “tecnico” che ottiene la fiducia da PdL – PD – UdC – FLI – ApI – RI – MpA – PID – PLI -PRI – LD – AdC – PSI – MAIE) che, insieme ai suoi ministri, nei ricordi di noi tutti rimarrà associato al superamento della soglia dei due miliardi di euro di debito pubblico, esattamente 2.093.594,0 (aprile 2013).
I partiti politici decidono di riprendere in mano in prima persona le sorti del Paese e si forma un nuovo governo presieduto da Enrico Letta (28/04/2013 – 21/02/2014; maggioranza composta da: PD – PdL/NCD – SC – UdC – PpI – RI). Dopo circa un anno e mezzo, Enrico Letta lascia al suo successore un debito pubblico a 2.108.813,4 (febbraio 2014).
Dopo Enrico Letta arrivano Matteo Renzi e il suo Governo (22/02/2014 – 12/12/2016; maggioranza composta da: PD – NCD – SC – UdC – Demo.S – CD – PSI). Dopo poco meno di tre anni, Renzi getta la spugna e passa il testimone insieme a un debito pubblico di 2.220.369,6 (dicembre 2016). A farsi carico di tale fardello è Paolo Gentiloni (12/12/2016 – 01/06/2018; maggioranza composta da: PD – NCD/AP – CpE – Demo.S – CD – PSI) che conclude il suo mandato con la fine della legislatura e lasciando un debito di 2.334.284,9 (giugno 2018).
Siamo, finalmente, ai giorni nostri. Le turbolenze politiche prendono una forma definita con il nuovo Governo presieduto da Giuseppe Conte (in carica dal 01/06/2018; maggioranza composta da: M5S – Lega – MAIE). Per quanto riguarda il debito pubblico, l’ultimo dato che ho reperito nel sito Internet di Banca d’Italia si riferisce a marzo 2019 e parla di un debito pubblico ancora cresciuto: 2.358.799,5 miliardi di euro.
Dopo aver debitamente ringraziato chi ha avuto la pazienza per leggere sin qui, gli chiedo un ultimo sforzo per leggere poche considerazioni a margine del mio excursus.
In primo luogo: è chiaro che si ragiona di grandezze enormi e influenzate da un numero elevatissimo di fattori, così come è chiaro che una inversione di rotta richiede tempo perché dia risultati, tuttavia rimane il fatto che da vent’anni a questa parte nessun Governo ha contenuto in modo significativo la crescita del debito e men che meno è riuscito a ridurlo.
In secondo luogo: l’ordine di grandezza delle cifre rischia, almeno per noi comuni mortali, di rendere astratto il concetto di debito. Purtroppo, il debito stesso è invece un elemento molto reale e con conseguenze pratiche (negative) tanto nel breve quanto nel lungo periodo.
In terzo luogo: il fatto che ogni giorno il Sole si levi all’orizzonte nonostante la crescita del debito rischia di far pensare che il debito stesso possa crescere indefinitamente, ché tanto si andrà avanti come sempre. Anche in questo caso, purtroppo, è vero il contrario. Ogni euro di debito in più toglie un anello alla catena che lega qualsiasi governo italiano, riducendo i suoi spazi di manovra, credibilità, autonomia. Il debito non è una nozione astratta, è un obbligo che si ha nei confronti di qualcuno. Se non si onora il debito ci sono conseguenze.
In quarto luogo: considererei splendido se tutti, quando ascoltano un qualsiasi politico promettere anche un bruscolino, gli chiedessero anche dove troverà i soldi per darlo e gli dicessero pure chiaramente che, almeno fino a quando le cose non saranno rientrate in un ordine di grandezza accettabile, dare il bruscolino a credito non vale.
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