Agli inizi del 2020, anche in Italia si diffuse la malattia da “coronavirus 2019”. Agli inizi di marzo fu disposto il primo lockdown. Si poteva uscire di casa solo nei casi di “estrema necessità”, identificati nel fare la spesa, acquistare medicinali, svolgere alcune attività lavorative e poco altro. In varie forme e con progressivi adattamenti, le restrizioni alla mobilità individuale andarono avanti per circa due anni.
Trascorrere quasi l’intera giornata nelle proprie case determinò varie conseguenze, una delle quali fu l’incremento esponenziale dell’attività di scrittura. I social network ospitarono milioni di interventi. Io non mi sottrassi al fenomeno ma, considerando le cose a distanza di tempo, vi partecipai in misura relativamente limitata. Di seguito, tutto ciò che scrissi su Facebook nel periodo e/o riguardo al Covid.
24 febbraio 2020
Comunque, io le mani me le lavavo anche prima del Corona virus.
5 marzo 2020
Chi l’avrebbe mai detto che avrei rimpianto gli anni ’80, quando la trasmissione dell’AIDS in prevalenza da rapporti sessuali, specie se occasionali e non protetti, mi metteva al riparo da ogni rischio.
8 marzo 2020
Antonio Messina, svegliandosi un mattino da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un abitante di una zona rossa.
8 marzo 2020
Il calzolaio vicino a casa mia.

10 marzo 2020
I piccoli casi della vita. Mi rimetto al lavoro per la prossima edizione del mio manuale, decido di rivedere il testo del Capitolo 5 dedicato agli obblighi e divieti nella circolazione stradale e in apertura trovo queste (mie) parole: “La libertà di circolazione è una cosa serissima, un diritto riconosciuto dalla Costituzione della Repubblica Italiana che, all’art. 16, stabilisce che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.”
Salvo le limitazioni… Come avviene per molti altri aspetti della vita sociale, cioè, anche la libertà di circolazione è una libertà “regolata” e “modulata” per inscriverla nel cerchio più ampio delle regole che organizzano la comunità di cui siamo parte. Nel contesto della circolazione stradale avviene esattamente questo, cioè le regole generali (con le quali il Codice stesso riconosce diritti o attribuisce facoltà) sono affiancate da limitazioni, eccezioni ed estensioni.”
Non so quanto possano far breccia in un diciottenne che non vede l’ora di guidare, ma le ho scritte.
(11 marzo 2020)
Secondo gli ultimi dati (quelli forniti oggi da Gruppo Operativo Regionale Emergenza Sanitaria), nelle Marche 394 positivi al Covid-19, 210 ricoverati, 171 isolati a domicilio, 13 deceduti. Dei 394 positivi, tre quarti (296) sono della provincia di Pesaro e Urbino. E’ per questo che fra i baristi fanesi e il sindaco di Pesaro (finché ha potuto, ansioso di dire che “Pesaro non è in zona rossa”) preferisco i baristi fanesi. Un caffè alla loro salute, appena si potrà.

(11 marzo 2020)
Non me ne rendevo conto ma praticamente stavo lavorando a un manuale su come affrontare l’emergenza virus Dal paragrafo sulla prudenza (ovviamente, concetto richiamato varie volte nel programma d’esame per conseguire la patente di guida):
“Per qualche strano motivo la prudenza viene spesso viene confusa col timore o l’insicurezza, cioè è una buona qualità che viene confusa con dei limiti negativi. Prima di tutto, perciò, può essere utile ricordare che la prudenza consiste nell’intuire un possibile rischio e nel prevedere le possibili conseguenze dei propri atti, orientando il proprio comportamento in modo da non correre rischi inutili ed evitare esiti dannosi per sé o per gli altri. Prevedere è diverso dal tirare a caso o dall’indovinare. La previsione si basa sulla raccolta e poi la corretta valutazione di tutte le informazioni disponibili, momento per momento, con l’obiettivo di formarsi un’immagine realistica del presente e del futuro più o meno prossimo. Guidare a fari spenti nella notte, così, è una frase molto bella da ascoltare nella celebre Emozioni di Mogol e Lucio Battisti ma un comportamento scriteriato e prevedibilmente pericolosissimo per tutti, se realmente praticato sulla strada. Peraltro, anche Lucio Battisti proseguiva la canzone spiegando che guidare a fari spenti nella notte serviva “… per vedere se poi è così difficile morire”.
(13 marzo 2020)
Aggiornamento (ho un po’ di tempo da dedicare a queste cose) sui dati Covid-19 nella Provincia di Pesaro e Urbino (fonte: Gruppo Operativo Regionale Emergenza Sanitaria – Regione Marche) rispetto al totale della regione Marche.
Incremento ancora in corso di casi positivi; rapporto fra contagiati nella provincia di Pesaro e totale delle Marche più o meno costantemente di 3 a 1.
In dettaglio:
5/3/2020 100 positivi su 124 (80,6%)
6/3/2020 126 positivi su 159 (79,2%)
7/3/2020 152 positivi su 200 (76%)
8/3/2020 204 positivi su 272 (75%)
9/3/2020 246 positivi su 323 (76,1%)
10/3/2020 296 positivi su 394 (75,1%)
11/3/2020 342 positivi su 479 (71,3%)
12/3/2020 403 positivi su 592 (68%)
13/3/2020 496 positivi su 725 (68,4%)
Positivi nella regione quasi sestuplicati in nove giorni.
(13 marzo 2020)
Chi mi conosce sa che ho un po’ la fissa dei dati che mi servono per avere un’idea esatta e non emozionale delle proporzioni. Sono andato a consultare le tabelle ISTAT.
Nelle Marche, nei 18 giorni trascorsi dall’identificazione del primo caso di contagiato (cioè dal 25 febbraio scorso) sono morte 22 persone, dunque 1,2 al giorno.
Nel 2018 (ultimi dati disponibili), nelle Marche a seguito di incidente stradale sono morte 87 persone, cioè mediamente una persona ogni cinque giorni, o 0,2 persone al giorno.
(13 marzo 2020)
Siamo onesti. Mio padre ha passato la guerra; l’8 settembre; era militare a Genova quando ci fu l’attentato a Togliatti; non ebbe l’incarico di maestro supplente perché la domanda impiegò oltre una settimana per arrivare da Genova al Provveditorato di Como, cosicché si trovò congedato dall’esercito e senza lavoro; ebbe da un direttore didattico la possibilità di lavorare un giorno la settimana in un refettorio scolastico e, per un anno, in quel giorno ebbe l’unico pasto regolare della settimana…
Io sono a casa con luce, acqua, gas, Internet, negozio di alimentari a cento metri con negoziante che ogni mattina manda le foto di quel che ha disponibile, prende gli ordini, prepara la spesa e ti fa andare a ritirarla stazionando nel negozio forse 15 secondi (pago con Satispay già prima o anche dopo il ritiro della spesa); sono dispiaciuto di esser lontano da mia figlia ma posso sentirla anche in videochiamata quando voglio…
Insomma, è dura, ma se mi lamentassi troppo penso che dovrei quasi vergognarmi.
(14 marzo 2020)
Altre inevitabili associazioni mentali in questi giorni di Covid-19. Stavolta si tratta di Italo Calvino. Basta sostituire mentalmente la libreria della nostra casa a quella intesa come negozio, alla quale si riferiva Calvino, e il gioco è fatto.
“Già nella vetrina della libreria hai individuato la copertina col titolo che cercavi. Seguendo questa traccia visiva ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento dei Libri Che Non Hai Letto che ti guardavano accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando d’intimidirti. Ma tu sai che non devi lasciarti mettere in soggezione, che tra loro s’estendono per ettari ed ettari i Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere, i Libri Fatti Per Altri Usi Che La Lettura, i Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D’Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D’Essere Stato Scritto. E così superi la prima cinta dei baluardi e ti piomba addosso la fanteria dei Libri Che Se Tu Avessi Più Vite Da Vivere Certamente Anche Questi Li Leggeresti Volentieri Ma Purtroppo I Giorni Che Hai Da Vivere Sono Quelli Che Sono. Con rapida mossa li scavalchi e ti porti in mezzo alle falangi dei Libri Che Hai Intenzione Di Leggere Ma Prima Ne Dovresti Leggere Degli Altri, dei Libri Troppo Cari Che Potresti Aspettare A Comprarli Quando Saranno Rivenduti A Metà Prezzo, dei Libri Idem Come Sopra Quando Verranno Ristampati Nei Tascabili, dei Libri Che Potresti Domandare A Qualcuno Se Te Li Presta, dei Libri Che Tutti Hanno Letto Dunque É Quasi Come Se Li Avessi Letti Anche Tu. Sventando questi assalti, ti porti sotto le torri del fortilizio, dove fanno resistenza
i Libri Che Da Tanto Tempo Hai In Programma Di Leggere,
i Libri Che Da Anni Cercavi Senza Trovarli,
i Libri Che Riguardano Qualcosa Di Cui Ti Occupi In Questo Momento,
i Libri Che Vuoi Avere Per Tenerli A Portata Di Mano In Ogni Evenienza,
i Libri Che Potresti Mettere Da Parte Per Leggerli Magari Quest’Estate,
i Libri Che Ti Mancano Per Affiancarli Ad Altri Libri Nel Tuo Scaffale,
i Libri Che Ti Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile.”
(14 marzo 2020)
Chi ha avuto figli piccoli può rovistare in soffitta per vedere dov’è finito, ora che serve a tutti. 🙂

(17 marzo 2020)
Ci sono libri che ho impressi nella mente anche da prima del Covid-19.
Da “Il conte di Montecristo”, di Alexandre Dumas padre:
“Servono le sventure per scavare certe miniere misteriose nascoste nell’intelligenza umana; serve la pressione per far esplodere la polvere.”
“Fino al giorno in cui Dio si degnerà di svelare all’uomo l’avvenire, tutta la saggezza umana consisterà in queste due parole: attendere e sperare!”
(18 marzo 2020)
Comunicazione ai miei concittadini fanesi. La farmacia vicino casa mia espone un cartello con su scritto “vitamina C esaurita” ma il negozio di ortofrutta che dista cento metri ha cassette di arance e limoni. Perchè… Ebbene sì, pare incredibile, ma la vitamina C è contenuta anche nella frutta e non soltanto nei tubetti di plastica, bustine di carta e flaconcini di vetro.
(24 marzo 2020)
Siamo sinceri. Fra le potenziali conseguenze negative di tutta questa situazione da Covid-19 c’è che mia figlia, quando ci rivedremo, potrei anche stritolarla per troppa foga nell’abbraccio.
(26 marzo 2020)
Anche in questi giorni, imprevedibile e dolce soccorso arriva da ricordi che affiorano, risalendo in superficie da un tempo lontano.
Stamattina sono uscito per andare fare spesa. Per la prima volta ho portato con me l’autocertificazione. Stampante senza inchiostro, l’ho copiata a mano; ciò che le conferiva un aspetto antiquato.
Lungo la strada m’è tornata in mente una parola appresa da bambino. Lessi abbastanza presto una versione ridotta per ragazzi de “I tre moschettieri” e fra tutti mi si scolpì nella mente il termine “salvacondotto”, che trovavo sonoro e assai rassicurante. Così ho provato oggi la stessa sensazione. Imbacuccato per il freddo (o dovrei dire “intabarrato”?), il volto coperto da mascherina e passamontagna, mi sentivo molto misterioso ma protetto dal mio salvacondotto. Peccato solamente che lo stesso fosse custodito nella tasca interna di un giaccone e non di un giustacuore.
31 marzo 2020
Mi hanno chiesto: “Ma tu come fai a essere così tranquillo in una situazione del genere?” La risposta è abbastanza semplice: penso che ogni marinaio affronti la tempesta con la barca e l’esperienza di cui dispone, non con quelle migliori ma di cui non dispone né di quelle che avrebbe potuto avere, ma che appunto non ha, se avesse considerato l’ipotesi di una tempesta.
Non credo che le circostanze determinino i nostri comportamenti; sono convinto che ogni circostanza sia l’occasione per manifestare le attitudini, le qualità, i difetti, le pulsioni più o meno razionali che proprio oggi fanno di noi quel che siamo. L’elaborazione e il cambiamento, se e quando avvengono, sono cosa che avviene “dopo”, con fatica e neanche sempre.
In altre parole, nelle circostanze correnti, penso che ognuno stia reagendo alla situazione nel modo consueto che gli è proprio: chi è credente prega il suo Dio; chi non lo è esprime sue convinzioni d’altro genere; chi non si è mai posto questioni di questo tipo non lo farà neanche adesso.
Penso che tutti trovino nella stessa nuova situazione oggi condivisa la conferma delle convinzioni che già avevano: è colpa dei cambiamenti climatici; i cambiamenti climatici non c’entrano col virus; è colpa delle migrazioni; è colpa della troppa igiene che ci rende più vulnerabili; è colpa della poca igiene che ci espone più facilmente ad attacchi e così via.
Penso che tutti siano d’accordo o in disaccordo con gli stessi politici, imprenditori, opinionisti, organi d’informazione e simili ai quali davano retta prima dell’epidemia: occorrono più Stato, oppure più privato; più severità; meno severità; bisognava chiudere tutto subito; bisogna lasciar uscire di casa; il Governo ha deciso tardi; bisogna riaprire presto; ci vuole più agricoltura; ci vogliono grandi opere…
Penso che tutti attribuiscano priorità alle stesse cose alle quali l’attribuivano prima che scoppiasse la pandemia: occorrono più regole; più sussidiarietà; bisogna controllare i movimenti delle persone; bisogna responsabilizzare le persone; ci vuole la polizia; che noia l’autocertificazione…
Penso che dei fatti veri prima dell’epidemia non possano che manifestarsi nella loro verità mentre l’epidemia è in corso. Una sanità ferita, un sistema di istruzione impoverito, una macchina amministrativa inefficiente non si trasformano nel giro di una notte. Un particolare, questo, ignorato soprattutto da chi critica questo Governo e, infatti, non dice che cosa avrebbe fatto al suo posto ma, soprattutto, come lo avrebbe fatto disponendo esattamente degli stessi ospedali, scuole, apparato amministrativo.
Penso che alcune questioni che io ritenevo e ritengo “fondanti” continueranno a essere ritenute inutili e noiose. Se un qualunque partito mettesse al primo punto del suo programma l’efficientamento della pubblica Amministrazione, alle elezioni prenderebbe gli stessi voti che ho preso io che non mi sono presentato.
Non critico nessuno, nel “tutti” includo anche me stesso che non mi appello a un qualsiasi Dio in cui non credo; che ritengo che i cambiamenti climatici abbiano anche cause “umane” ed effetti sull’ambiente che ci avvolge e permea; che non mi sentivo rappresentato da alcun politico già prima, figuriamoci adesso che, sempre a mio avviso, per la gran parte mostrano il consueto atteggiamento: sia splendore o catastrofe, il fatto è che a comandare ci sono (o: vorrei esserci) io, ora e domani.
Quel che dico e penso, cioè quel che mi fa essere tranquillo, è che il mondo sta andando come sempre, con persone splendidamente solidali ed altre che pensano a come guadagnare dalla crisi, con chi dimostra sguardo lungo e senso pratico e chi si agita solo leggendo il titolo di qualche sito informativo online, con chi fa ammenda dei propri errori e chi non ha proprio nelle corde il mettersi in discussione né il capire che, per esempio, si può essere adatti a certe situazioni e totalmente inadeguati in altre.
Anche domani come ieri e oggi, così, farò quel che ho sempre fatto: cercare il bene, gettare qualche seme sperando che germogli, scegliere ogni giorno di seguire con coerenza le idee grandi e piccole che popolano le mie giornate. Di diverso c’è soltanto che sto facendo di tutto per non ammalarmi.
Lo so, l’ho fatta lunga ma era per spiegare una volta per tutte perché da domani tornerò a scrivere le mie sciocchezze, a condividere dolori e sorrisi coi miei amici, a proporre qualche idea, ricordo o riflessione. Quando leggo quelle dei miei amici, me ne nutro e sto meglio.
14 aprile 2020
Se sbaglio, sbaglio per difetto: da quando sono nato, questi giorni di epidemia sono la terza occasione in cui sperimento una limitazione governativa della mobilità individuale od un obbligo generalizzato di cautela.
La prima fu nel 1973. A causa del cosiddetto “shock petrolifero” il Governo impose il divieto di circolazione dei veicoli privati. All’epoca vivevo a Roma e l’esperienza, per la mia età (13 anni) e le mie esigenze, fu tutt’altro che traumatica. Anzi, io, come credo molti altri, la vissi e ora ricordo con una certa gioia. Roma senza traffico… A piedi da casa fino al Colosseo senza pericoli né rumori… Le persone a spasso tranquille e sorridenti… Che sogno!
La seconda occasione fu nel 1986. A pochi chilometri da una, fino allora, sconosciuta cittadina dell’Ucraina settentrionale si sprigionò un nube radioattiva che arrivò fino in Italia e oltre. Un’ordinanza del ministro della Sanità vietò per 15 giorni la vendita di verdure fresche a foglie e la somministrazione di latte fresco ai bambini fino a 10 anni di età. Ricordo anche inviti a sigillare le finestre ma, verificando, non ne trovo traccia nel web. Magari ricordo male. Io, ormai ventiseienne, ascoltavo di più i telegiornali ricavandone la sensazione che chi doveva prendere misure e informare la popolazione lo stesse facendo in ritardo, poco e male, come sperando che il problema si risolvesse da solo grazie al vento e alla pioggia.
La terza occasione è quella di questi giorni, che ormai sono tanti. Non passavo tutto questo tempo con mia moglie dai tempi del viaggio di nozze, un mese in lungo e in largo per il Peloponneso.
Il piccolo excursus m’è venuto di farlo ripensando alla domanda che molti si pongono: “Questa esperienza ci insegnerà qualcosa?” “Ci” inteso come corpo sociale, piccoli gruppi e grandi organizzazioni, Stato e istituzioni sovranazionali. Io lo spero ma così, come speravo di trovare tempo bello quando sarei andato in vacanza. Può capitare, e perciò posso sperarlo, ma niente più di questo.
Lo shock petrolifero avrebbe potuto far diventare pensiero comune il risparmio energetico, il ricorso a fonti rinnovabili e non pericolose, una movimentazione di merci e persone che eliminasse lo spreco e considerasse l’esauribilità di certe risorse. Avrebbe potuto ma non lo ha fatto.
Dall’esperienza delle conseguenze del disastro nucleare di Černobyl’ nacque a Fidenza, nel 1986, il primo Gruppo di Acquisto Solidale: relazione diretta fra produttore e consumatore; controllo sulla filiera (che, peraltro, può essere brevissima); prodotti attenti all’ambiente e alla salute di chi lavora ecc. L’idea dei GAS avrebbe potuto affermarsi come strumento diffuso di attenzione alla salute e alla relazione sociale. Avrebbe potuto ma non è accaduto, coi GAS che anche in questi giorni esistono e resistono ma sono una parte infinitesima del commercio di beni alimentari.
Dunque, spero che questi giorni insegnino qualcosa sul valore che diamo a persone e cose, sul rapporto migliore dell’uomo con l’ambiente, sulla dimensione più appropriata per i gruppi umani e per le loro fonti di sussistenza… Lo spero ma così, come speravo di trovare tempo bello quando sarei andato in vacanza.
25 febbraio 2021
Premesso che non è ironica o tendenziosa ma semplicemente sincera, ho una domanda: se il virus si trasmette per contagio fra le persone, come vi spiegate che nonostante da un anno si raccomandino (o impongano) distanziamento e mascherine ci siano ancora ogni giorno oltre diecimila nuovi casi e morti fa 300 e 500 (come ha scritto qualcuno, è come se tutte le mattine un aereo di linea di schiantasse al suolo)? Io un’idea posso anche averla ma ringrazio tutti coloro che vorranno darmi un parere.
(Per questo intervento riporto anche un commento di Francesco Barbieri: A mio avviso il cuore del problema sta nel verbo “raccomandare”, e infatti “imporre” lo hai messo fra parentesi. Anche lo smartworking alle aziende private è solo raccomandato. Quindi ogni giorno una milionata di persone si mette in viaggio, spesso in affollati mezzi pubblici restandoci il tempo sufficiente per contagiarsi, per andare al lavoro dove incontrerà positivi inconsapevoli o colpevolmente consapevoli. Esperienza indiretta tramite decine di persone che conosco.)
14 febbraio 2022
Scorro le agende di mio padre. Il 1° giugno 1971 trovo annotato: “Tony fatta 5° antipolio e 1° antitetanica. G. Paolo fatta 1° antipolio e 1° antidifterica.” Io avevo 11 anni e mio fratello ne avrebbe compiuti 9 di lì a poco. Altri tempi.